Era mio preciso dovere istituzionale dichiarare in Congresso Nazionale la posizione del Comitato dei Gruppi Agenti. Mi sono peraltro attenuto a quanto dallo stesso deliberato con la Mozione votata all’unanimità nel corso dell’ultima riunione e con la quale i Presidenti di Gruppo tra le altre cose dichiarano di identificare “… come prioritaria la riuscita della mobilitazione della Categoria ribadiscono il proprio impegno a sostegno delle azioni sindacali proposte dall’Esecutivo Nazionale SNA e presentate ai Colleghi nel recente Giro d’Italia”.
Nulla è cambiato dalla votazione della Mozione sopra riportata al Congresso Nazionale. La richiesta di convocazione del Comitato da parte di un solo Presidente di Gruppo non significava certo la volontà della maggioranza di cambiare linea, anche perché era sostanzialmente motivata dall’ipotesi di rinnovo del CCNL - dipendenti. Convocazione che sarebbe pertanto avvenuta comunque e prima del Comitato Centrale, come da prassi.
Cosa mi dovesse indurre a pensare che la maggioranza dei Presidenti di Gruppo non fossero più a sostegno delle azioni sindacali non è pertanto ancora chiaro.
Quello che ho cercato di dire in Congresso è quindi conseguenza logica e coerente con quanto sopra esposto: una Mozione di sfiducia Congressuale avrebbe di fatto bloccato le azioni sindacali favorendo il gioco delle nostre controparti istituzionali. Azioni che il Comitato dei Presidenti aveva deliberato all’unanimità di sostenere. Quello che ho “cercato di dire” perché mi è stato impedito dalle intemperanze di alcuni. Infatti, come ricorderà chi era presente, ho dovuto interrompere il mio intervento praticamente alle premesse. Già solo questo fatto dimostra come sia strumentale oggi parlare di mio “sostegno ed un allineamento con la politica dell'EN non preventivamente concordata in seno ai GA esplicitato al Congresso”, considerato che non ho nemmeno potuto esplicitare il mio punto di vista in Congresso.
Mi sono dimesso per dare un preciso segnale di non attaccamento alla “poltrona”. Ho fatto un passo indietro come in tante altre occasioni della mia vita sindacale: ho rinunciato in passato alla candidatura, pure propostami prima di Pacchioni, perché sarebbe stata un’ elezione “di rottura”, come pure per gli stessi motivi rinunciai ad entrare in Esecutivo Nazionale con Giovanni Metti. Ho invece accettato poi la candidatura a Presidente del Comitato perché l’invito veniva da più parti e dalle diverse correnti di pensiero, tanto è vero che sono stato eletto all’unanimità. Non è un passaggio di poco conto perché significa aver avuto la fiducia anche da quei componenti dell’ Esecutivo (presenti in Comitato) ai quali mi si accusa oggi di essere troppo vicino. Mentre ho solo cercato di essere corretto con tutti e, nella mia veste istituzionale, semplicemente favorire il dialogo anche tra gli opposti fronti. Mi sono state attribuite queste caratteristiche (riporto stralci dal verbale, approvato poi all’unanimità, della riunione della mia elezione con espressioni di vari Colleghi): è necessaria una “persona forte, e la più indicata è appunto Salvi ”, … “ha la caratteristica di portare sempre avanti gli impegni di cui si fa carico”, … “Cirasola evidenzia che il nome di Salvi è uscito il 4 agosto, dopo la riunione di Sassuolo; non c’è stata alcuna lobby e nessuna politica di corridoio, cose che personalmente odia e che evita. Non ci sono state telefonate per fare opera di convincimento sul nome di Salvi, lui ha semplicemente telefonato a Metti per chiedere di lasciare che, questa volta, il Comitato dei Gruppi potesse scegliere direttamente e liberamente il proprio Presidente, e sottolinea che in questa sede non c’entra assolutamente il Coraggio di Cambiare.”, poi ancora “Gatto conferma che non c’è stata alcuna telefonata, ed è contento che venga preferita, in questa occasione, la logica dei valori e non la logica dei numeri”.
In sostanza si voleva una persona forte, autonoma, libera di pensiero e non facilmente condizionabile. Non so se merito attribuzioni di tali qualità, ma le ho volute riportare per evidenziare il paradosso di quanto sia estremamente strano e sorprendente che qualcuno oggi mi rimproveri proprio le caratteristiche che si voleva determinassero il mio agire.
Ho certamente appoggiato il Presidente Metti nella sua azione di attività sindacali. Ho sposato il fare al contrario di chi ama filosofie dialettiche. A Giovanni Metti va riconosciuta onestà intellettuale e correttezza anche per aver senza dubbio alcuno accettato e rispettato l’ autonomia mia e del Comitato, tra l’altro sottoponendo preventivamente il programma completo delle azioni sindacali e chiedendo la disponibilità al sostegno delle stesse. Sostegno che il Comitato ha espresso in più circostanze e ribadito in particolare con la Mozione della quale ho parlato sopra.
Ora che dovrebbe iniziare la fase più impegnativa delle azioni (con le disattenzioni amministrative) qualcuno vuole “rovesciare il tavolo”.
Personalmente invece rimango convinto della giustezza della strategia iniziata, ritengo prioritaria su tutto la riuscita della mobilitazione della Categoria e vorrei che si andasse avanti per concludere il percorso. Non è tra l’altro nella mia natura non concludere un’ iniziativa intrapresa.
Perché i tanti paladini della democrazia e garanti della verità non attendono la conclusione delle azioni per fari bilanci e dare giudizi ?
Per questo il rifiuto di presiedere un Comitato che sembra aver cambiato obiettivi, per questo le mie dimissioni.
Volevo dare il mio contributo in un clima di unità di intenti dove non prevalgano le ambizioni personali sugli interessi della Categoria e dove le diverse visioni e le divergenze strategiche non trovino sfogo in sterili scontri che spesso derivano da posizioni personalistiche.
La mia storia certifica che il coraggio mi piace usarlo nei confronti delle controparti della Categoria non nei confronti dei Colleghi.
Ho fatto un passo indietro per coerenza e per dare un segnale che forse qualcuno non vuole proprio cogliere. Noto infatti che si cerca la rissa, non basta nemmeno dimettersi. Alcuni vogliono proprio trascinarmi per forza nel gioco di basse e squallide polemiche strumentali nelle quali non voglio però coinvolgermi più di tanto perché non portano a nessun risultato utile.
Ho lasciato ad altri la “poltrona” ma ciò non significa che delegherò, per quello che potrò, in mani non convincenti il futuro della Categoria.
Un caro saluto.
Roberto Salvi
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